IL "PANE PER LA PACE"
Famiglia
Cristiana n. 12 del 20-3-2004
Donne israeliane e
palestinesi si incontreranno l’8 aprile
per preparare e consumare insieme il
pane. Una giornata di speranza per la
pace promessa, l’8 febbraio scorso,
dalla stretta di mano tra Sharon e Abu
Mazen. L’amaro sapore delle lacrime, il
dolce sapore del pane.
Qualche volta si riaffacciano su questa
pagina personaggi che c’erano già
passati, e adesso succede a due amiche
delle quali parlai l’anno scorso
(n. 21 del 23 maggio 2004): Angelica
Calò Livné e Samar Sahar. Riassumo chi
sono.
Angelica è un’ebrea nata a Roma, ha 50
anni, vive in un kibbutz dell’Alta
Galilea, è sposata con Yehuda,
professore di matematica, hanno quattro
figli. Samar, 47 anni, è un’araba
cristiana palestinese, non è sposata,
vive a Betania, un villaggio alla
periferia di Gerusalemme, dove ha aperto
una casa-famiglia per giovani in
difficoltà. Angelica e Samar si sono
incontrate anni fa, riconoscendosi
subito "sorelle" anche se tutto le
divide, la religione, l’origine, un
annoso conflitto tra i loro due popoli
ora separati pure dal muro. Insieme
hanno dato vita a iniziative di dialogo
e convivenza che le hanno rese famose
anche fuori dalla loro terra. Ed ecco
l’ultima.
Il progetto di Angelica e Samar si
chiama "Pane per la pace". Donne
israeliane e palestinesi, ebree,
musulmane, cristiane, e c’è già anche
l’adesione di molti uomini,
s’incontreranno per compiere insieme il
rito più semplice e quotidiano della
famiglia umana: impastare il pane,
cuocerlo, spezzarlo e consumarlo intorno
alla stessa tavola. È stata scelta come
simbolica la data dell’8 aprile, perché
fu l’8 febbraio scorso che il primo
ministro israeliano Ariel Sharon e il
presidente dell’Autorità palestinese Abu
Mazen si sono stretti la mano, primo
passo verso una pacificazione. Il pane
verrà preparato anzitutto a Betania,
luogo anch’esso simbolico, infatti fu a
Betania che Gesù risuscitò Lazzaro dai
morti. E poi a Nahariya per il Nord, a
Natanya per il Centro, a Tel Aviv e
Gerusalemme per chi ci abita e per
coloro che verranno dall’estero.
Si capisce che tutto questo ha bisogno
di un’organizzazione complicata,
permessi per far viaggiare le corriere
da una parte all’altra, fondi, impegno a
spiegare e diffondere il senso della
giornata. Angelica e Samar si sono
rivolte alla deputata del parlamento
israeliano Yuli Tamir, che si è presa
l’incarico dei permessi, e ora è
portavoce e responsabile ufficiale
dell’iniziativa. E hanno poi ottenuto il
patrocinio di Anna De Bernardin,
ambasciatrice d’Italia in Israele, che
ha messo in moto le sue conoscenze. In
questi giorni, Angelica e Samar sono in
Italia per informare sulla giornata del
"Pane per la pace". Purtroppo, proprio
qui da noi hanno incontrato una chiusura
perlomeno sorprendente.
È successo all’Università di Bologna,
facoltà di Lettere, dove le due amiche
avrebbero dovuto tenere una conferenza
dal titolo: "Sotto lo stesso cielo,
impossibile convivenza?". Ma l’incontro
è stato cancellato. Il pretesto era che,
qualche giorno prima, un gruppo di
studenti dell’Università di Firenze
aveva duramente contestato
l’ambasciatore israeliano in Italia Ehud
Gol, impedendogli di parlare, e così
anche a Bologna si temevano incidenti.
È incredibile che dei giovani abbiano
avuto paura di due donne che avrebbero
parlato di speranza. E fa tristezza
pensare al rifiuto del dialogo da parte
di menti e cuori di ragazzi, che
dovrebbero essere illuminati dalla
generosità e non intristiti dalla
diffidenza.
Meglio tornare al semplice, rassicurante
dono del pane da spezzare insieme. La
lettera con cui Angelica e Samar mi
hanno raccontato della loro iniziativa
finisce così: «In Palestina come in
Israele le lacrime hanno lo stesso amaro
sapore, e il pane ha lo stesso dolce
sapore, a Tel Aviv come a Ramallah».
Franca Zambonini |