Ed è questa
condizione, questa sensazione di vivere
eternamente in questo stato di
permanente transizione ed incertezza tra
la morte e la vita. Tra la vita negata
dalle tragedie quotidiane e la speranza
di costruire un ponte di comprensione
reciproca, che trascenda le rispettive
colpe ed incomprensioni.
Un sogno che
nasce come utopia e diventa giorno dopo
giorno sempre più realtà attraverso le
opere quotidiane di due straordinarie
donne come Angelica Calò Livnè, ebrea
romana, allieva del rabbino Toaff, che
vive a Sasa dal 1975, in un Kibbutz di
frontiera tra Libano e Siria, dove opera
come educatrice in Galilea promuovendo
il Teatro dell’Arcobaleno con ragazze e
ragazzi ebrei, arabi, drusi, circassi,
cristiani e musulmani; e Samar Sahhar,
palestinese, cristiana, che vive a
Betania, dove opera nella casa “Jeel Al
Amal” (Generazione della speranza) che
ospita più di cento bambini palestinesi
orfani o abbandonati, di religione
musulmana, e dove dirige una scuola con
300 alunni palestinesi. Cinque anni fa
ha cominciato una nuova iniziativa “La
casa di Lazzaro”, per le bambine, le
ragazze-madri e le donne in difficoltà.
Da poco ha creato un panificio per dare
pane e lavoro e prossimamente darà vita
ad un’infermeria. Nel mese di maggio
2004, ad Angelica e Samar è stato
conferito ad Assisi il premio “Donne per
la Pace”.
In Italia lo
scorso febbraio, per una serie di
incontri presso scuole, teatri e centri
culturali del nord Italia, le abbiamo
incontrate per farci raccontare la loro
sfida per la pace: un sogno calato e
vissuto sempre più nella realtà.
1. Samar e Angelica -rispettivamente
palestinese e cattolica la prima,
israeliana e laica la seconda
appartenenti a due mondi storicamente
differenti e contrapposti, ma unite da
una “travolgente” forza interiore -come
nasce la vostra amicizia?
Luigi Amicone, direttore del settimanale
Tempi, mi chiese di intervistarla a
Gerusalemme est. Dopo tante esitazioni,
sentii che dovevo andare.
Dopo 10 minuti sentimmo che c'era tra di
noi un legame che andava al di la del
terreno. Al dila del fatto che Samar
nominava Gesu' ogni due frasi e io non
mi dimenticassi nemmeno per un attimo di
essere ebrea...che non esisteva piu'
nessun conflitto. C'erano due donne, due
madri, e la volonta' di continuare a
vivere.
2. Che cosa vi spinge a perseguire con
tale determinazione il sogno di una pace
reale tra palestinesi e israeliani,
nonostante le reciproche ingiustizie
quotidiane?
Il fatto che abbiamo avuto la grazia di
conoscerci, di scoprire la nostra
profonda diversita', l'attaccamento di
ognuna di noi due al suo popolo e alla
sua tradizione, ci unisce ancora di piu',
ci da' la forza di dare il meglio di noi
stesse, di cercare in tutti i modi il
bene piu' profondo per chi amiamo e
questo si puo ottenere solo attraverso
l'amore, la pace, il dialogo e il
rispetto sincero.
3. Quali sono i vostri strumenti di
aggregazione, i vostri progetti con cui
vi ponente come ponte di mezzo tra
palestinesi ed israeliani?
L'educazione. La convinzione profonda
che la positivita'e la speranza possano
essere un motore di crescita, di
cambiamento e di miglioramento per il
mondo.
Un amore vero, sincero per il buono e il
giusto per tutti.
4. In fine, con
uno sguardo sul presente, cosa vi
aspettate dalla nuova leadership
palestinese ed israeliana rappresentata
da Abu Mazen e da Ariel Sharon? Si può
parlare veramente di una nuova
“primavera israelo-palestinese”?